I trent'anni di "The Wall"
Il 30 novembre 1979 veniva pubblicato lo storico album dei Pink Floyd.
Forse non il "migliore" che il più grande gruppo rock mai esistito abbia pubblicato, ma sicuramente quello "concettualmente" più importante: sintesi perfetta della elaborazione socio-culturale-psicologica che Roger Waters aveva in qualche modo "imposto" al gruppo. E che vedrà la sua naturale conclusione in "The Final Cut", in cui Waters si libera finalmente di tutti i suoi fantasmi.
The Wall, a trent'anni di distanza, è attuale più che mai: tanto musicalmente quanto concettualmente.
La musica, anche nella successiva interpretazione live degli ultimi tour del gruppo, resta di un impatto emotivo enorme. Le riflessioni sull'alienazione dell'uomo contemporaneo, e l'inquietudine a tratti angosciosa che lo permea mantengono inalterata, a trent'anni di distanza, tutta la loro forza.
Una pietra miliare, una delle poche "opere rock" che si possano definire tali. La più grande.
Forse non il "migliore" che il più grande gruppo rock mai esistito abbia pubblicato, ma sicuramente quello "concettualmente" più importante: sintesi perfetta della elaborazione socio-culturale-psicologica che Roger Waters aveva in qualche modo "imposto" al gruppo. E che vedrà la sua naturale conclusione in "The Final Cut", in cui Waters si libera finalmente di tutti i suoi fantasmi.
The Wall, a trent'anni di distanza, è attuale più che mai: tanto musicalmente quanto concettualmente.
La musica, anche nella successiva interpretazione live degli ultimi tour del gruppo, resta di un impatto emotivo enorme. Le riflessioni sull'alienazione dell'uomo contemporaneo, e l'inquietudine a tratti angosciosa che lo permea mantengono inalterata, a trent'anni di distanza, tutta la loro forza.
Una pietra miliare, una delle poche "opere rock" che si possano definire tali. La più grande.
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